New York - Uno studio Usa lancia l'allarme: l'aspartame, il dolcificante artificiale presente in alcuni dei cibi basilari della nostra alimentazione quotidiana come yogurt, cereali e bibite gasate, puo' provocare leucemia, mielomi e linfomi.
Nonostante alcuni rapporti che segnalano la sicurezza dell'edulcorante chimico, le preoccupazioni restano. Il consumo puo' essere associato ai timori ematopoetici, secondo lo studio scientifico di PubMed pubblicato sul sito del ministero della Salute americano.
In 22 anni di test sono stati identificati e presi in esame 1324 casi di linfomi non-Hodgkin (NHL), 285 di mielomi multipli e 339 leucemie.
A quel punto e' stata calcolata l'incidenza dell'assunzione del esaltatore di sapidita' artificiale. E' stato rilevato e documentato che una sola lattina (355 ml) di soda light al giorno, contenente aspartame, puo' aumentare il rischio di leucemia del 42% negli uomini e nelle donne. Cosi' come costituisce il 102% di possibilita' in piu' di contrarre il mieloma multiplo (solo negli uomini) e il 31% di rischio in piu' di contrarre il linfoma non-Hodgkin (sempre solo negli uomini).
In conclusione, si legge nella ricerca, "le scoperte lasciano spazio alla possibilita' circa un effetto nocivo cancerogeno derivante dall'assunzione dei dolcificanti presenti nella diet soda, come l'aspartame".
Allo stesso tempo, tuttavia, "il fatto che il rischio di prendere una malattia come il cancro si ponga anche per gli esseri umani che consumano regolarmente bibite senza dolcificante non consente di escludere del tutto che i dati statistici siano legati invece al caso".
mercoledì 31 ottobre 2012
L'AGRICOLTURA COME VALIDA OPPORTUNITA' DI LAVORO
Lavoro: le braccia "rubate" ritornano all'agricoltura
31 ottobre 2012 - 13.12
In un mercato del lavoro così disastrato che oggi ha raggiunto oggi il record negativo assoluto in termini di disoccupazione con i senza lavoro che arrivano ad oltre 2,7 milioni uno spiraglio di luce arriva dall' agricoltura. Il settore è quello che fa registrare il più elevato aumento nel numero di lavoratori dipendenti con un incremento record del 10,1%, in netta controtendenza con l'andamento generale. E'quanto emerge da una analisi della Coldiretti relativa al secondo trimestre del 2012 che sottolinea come sia aumentato sia il numero di lavoratori dipendenti (+10,1%) sia in maniera più contenuta, quelli indipendenti (+2,9 per cento).
Il trend positivo dell'agricoltura è particolarmente importante perché - continua la Coldiretti - è il risultato di una crescita record del 13,7% al Nord, ma anche del 3,5% al Sud mentre si registra un leggero calo nel centro Italia (- 3,2%).
La Coldiretti precisa che un lavoratore dipendente su quattro assunto in questo settore ha meno di 40 anni. Nel settore agricolo c'è anche una forte presenza di lavoratori giovani ed immigrati che hanno abbondantemente superato quota centomila.
"In agricoltura il lavoro c'è sia per chi vuole seriamente intraprendere con iniziative innovative, come dimostra l'aumento del 4,2% del numero di imprese individuali condotte da under 30 nel secondo trimestre dell'anno, sia anche per chi chiede possibilità di occupazione", ha affermato il presidente della Coldiretti Sergio Marini nel sottolineare che "non si tratta di un fatto marginale, ma di una opportunità, per molti disoccupati, immigrati, donne e giovani, che è in grado di garantire valore economico, ambientale e di sicurezza alimentare all'intera società".
Il trend positivo dell'agricoltura è particolarmente importante perché - continua la Coldiretti - è il risultato di una crescita record del 13,7% al Nord, ma anche del 3,5% al Sud mentre si registra un leggero calo nel centro Italia (- 3,2%).
La Coldiretti precisa che un lavoratore dipendente su quattro assunto in questo settore ha meno di 40 anni. Nel settore agricolo c'è anche una forte presenza di lavoratori giovani ed immigrati che hanno abbondantemente superato quota centomila.
"In agricoltura il lavoro c'è sia per chi vuole seriamente intraprendere con iniziative innovative, come dimostra l'aumento del 4,2% del numero di imprese individuali condotte da under 30 nel secondo trimestre dell'anno, sia anche per chi chiede possibilità di occupazione", ha affermato il presidente della Coldiretti Sergio Marini nel sottolineare che "non si tratta di un fatto marginale, ma di una opportunità, per molti disoccupati, immigrati, donne e giovani, che è in grado di garantire valore economico, ambientale e di sicurezza alimentare all'intera società".
IN ARABIA SAUDITA 100000 POSTI DA INFERMIERA
L’Arabia Saudita offre 100 mila posti
Ma le infermiere spagnole dicono no
“Non è vita per donne come noi”
Il pellegrinaggio annuale alla Mecca, in Arabia Saudita
Il salario è di 3.500 euro al mese più i benefit, ma in troppe non rinunciano alle abitudini occidentali
gian antonio orighi
madrid
In una Spagna massacrata dalla disoccupazione (il 25%, la più alta della zona Ue), è arrivata dall’Arabia Saudita un’ offerta da mille ed una notte: impiego immediato per 100 mila infermiere. Stipendio da favola: 3.500 euro al mese esentasse, viaggio andata e ritorno gratis, alloggio pagato, 54 giorni di ferie annue. Ma il Consejo General de Enfermería (CGE, l’associazione degli infermieri iberici ), ha risposto picche, nonostante le disoccupate siano 16.375. La ragione di un, a prima vista, inspiegabile niet? “La condizione della donna in quelle terre”, ha spiegato Máximo González Jurado, presidente del CGE.
Il divieto non è obbligatorio per professioniste che per ottenere il titolo devono studiare 4 anni all’università più due di specializzazione. E infatti ci sono già infermiere spagnole a Riad e in altre città saudite. Lo stipendio è buono, ma la vita per donne che in patria godono di una grande libertà, è molto diversa. Amaia Ibarrola lavora da un anno nel King Faisal Specialist Hospital di Riad. “Le mie uniche spese sono il vitto, molto economico, e Internet. E, se faccio anche le guardie, arrivo sui 4 mila euro al mese – racconta questa infermiera di 31 anni-. Ma, sull’altro piatto della bilancia, c’è la vita sociale negata. Dobbiamo portare sempre la “abaya” (la tunica nera che copre dal collo al piedi, ndr), con il jihab in testa. Non possiamo mostrare né le braccia né le ginocchia, e neppure indossare jeans o vestiti strecht. Non solo: non possiamo guidare l’auto né parlare con gli uomini. E la “mutawa”, la polizia religiosa, ci controlla dappertutto”. Se Amaia fa di necessità virtù, anche perchè guadagna in doppio che in patria, tante altre sue colleghe scartano un Paese islamico che nega i diritti delle donne. “ Non ci vado in Arabia Saudita, incontrerei ostacoli che impedirebbero la mia vita personale. Preferisco l’Australia”, dice Eva García, segoviana di 52 anni.
Il divieto non è obbligatorio per professioniste che per ottenere il titolo devono studiare 4 anni all’università più due di specializzazione. E infatti ci sono già infermiere spagnole a Riad e in altre città saudite. Lo stipendio è buono, ma la vita per donne che in patria godono di una grande libertà, è molto diversa. Amaia Ibarrola lavora da un anno nel King Faisal Specialist Hospital di Riad. “Le mie uniche spese sono il vitto, molto economico, e Internet. E, se faccio anche le guardie, arrivo sui 4 mila euro al mese – racconta questa infermiera di 31 anni-. Ma, sull’altro piatto della bilancia, c’è la vita sociale negata. Dobbiamo portare sempre la “abaya” (la tunica nera che copre dal collo al piedi, ndr), con il jihab in testa. Non possiamo mostrare né le braccia né le ginocchia, e neppure indossare jeans o vestiti strecht. Non solo: non possiamo guidare l’auto né parlare con gli uomini. E la “mutawa”, la polizia religiosa, ci controlla dappertutto”. Se Amaia fa di necessità virtù, anche perchè guadagna in doppio che in patria, tante altre sue colleghe scartano un Paese islamico che nega i diritti delle donne. “ Non ci vado in Arabia Saudita, incontrerei ostacoli che impedirebbero la mia vita personale. Preferisco l’Australia”, dice Eva García, segoviana di 52 anni.
FIAT NON CHIUDE LE FABBRICHE IN ITALIA
Fiat: entro 2 o 3 anni gli interventi
per gli impianti, raddoppia l’utile
Confermati i target 2012, titolo giù
Ecco i conti del gruppo: nel terzo trimestre venduto oltre un milione di veicoli, l’11% in più del 2011
Due, tre anni, per rilanciare gli impianti italiani. Fiat, che rivedrà al ribasso i target del 2013 e del 2014, non rinuncia a investire sull’Italia e ribadisce che non verrà chiuso nessuno stabilimento. Il Lingotto prevede di raggiungere il pareggio delle attività europee nel 2015-16.
Dopo la diffusione dei conti il titolo va giù in Borsa, poi recupera nel pomeriggio. Pesano i target 2012, confermati ma nella parte più bassa della forchetta precedentemente indicata, e l’aumento del debito a 6,7 miliardi dai 5,4 di giugno . Sergio Marchionne ha presentato il piano in conference call agli analisti e questa sera vedrà i sindacati al Lingotto, mentre dalle 9 delegati della Fiom e lavoratori in cassa integrazione manifestano davanti alla palazzina Fiat.
A tenere su i conti del gruppo sono la Chrysler e il positivo andamento sul mercato americano dove è stata venduta più della metà del milione di veicoli consegnati dal gruppo nel trimestre (3,1 milioni nei nove mesi). Male invece l’Europa dove le perdite sono maggiori delle previsioni con un risultato della gestione ordinaria negativo per 238 milioni di euro: le vendite sono state un quinto del totale (206.000 nell’Emea che comprende anche Medio Oriente e Africa), con un calo di circa il 15 per cento rispetto allo stesso periodo del 2011.
Il terzo trimestre chiude con un utile netto di 286 milioni di euro, più che raddoppiato rispetto all’analogo periodo del 2011 e un utile della gestione ordinaria che sale da 851 a 951 milioni di euro. In aumento del 16% i ricavi grazie a una forte crescita in tutte le aree in cui il gruppo opera ad eccezione dell’Europa. Positivi i risultati dei marchi di Lusso e Sportivi e del business dei Componenti e Sistemi di Produzione che hanno contribuito con un utile, rispettivamente pari a 89 milioni di euro e 39 milioni di euro. La liquidità, che include i 3 miliardi di euro di linee di credito non utilizzate, è di 20 miliardi di euro.
Per il 2012 la Fiat prevede ricavi di circa 83 miliardi di euro, un utile netto di oltre 1,2 miliardi, un utile della gestione ordinaria di oltre 3,8 miliardi e una riduzione del debito a 6,5 miliardi.
Dopo la diffusione dei conti il titolo va giù in Borsa, poi recupera nel pomeriggio. Pesano i target 2012, confermati ma nella parte più bassa della forchetta precedentemente indicata, e l’aumento del debito a 6,7 miliardi dai 5,4 di giugno . Sergio Marchionne ha presentato il piano in conference call agli analisti e questa sera vedrà i sindacati al Lingotto, mentre dalle 9 delegati della Fiom e lavoratori in cassa integrazione manifestano davanti alla palazzina Fiat.
A tenere su i conti del gruppo sono la Chrysler e il positivo andamento sul mercato americano dove è stata venduta più della metà del milione di veicoli consegnati dal gruppo nel trimestre (3,1 milioni nei nove mesi). Male invece l’Europa dove le perdite sono maggiori delle previsioni con un risultato della gestione ordinaria negativo per 238 milioni di euro: le vendite sono state un quinto del totale (206.000 nell’Emea che comprende anche Medio Oriente e Africa), con un calo di circa il 15 per cento rispetto allo stesso periodo del 2011.
Il terzo trimestre chiude con un utile netto di 286 milioni di euro, più che raddoppiato rispetto all’analogo periodo del 2011 e un utile della gestione ordinaria che sale da 851 a 951 milioni di euro. In aumento del 16% i ricavi grazie a una forte crescita in tutte le aree in cui il gruppo opera ad eccezione dell’Europa. Positivi i risultati dei marchi di Lusso e Sportivi e del business dei Componenti e Sistemi di Produzione che hanno contribuito con un utile, rispettivamente pari a 89 milioni di euro e 39 milioni di euro. La liquidità, che include i 3 miliardi di euro di linee di credito non utilizzate, è di 20 miliardi di euro.
Per il 2012 la Fiat prevede ricavi di circa 83 miliardi di euro, un utile netto di oltre 1,2 miliardi, un utile della gestione ordinaria di oltre 3,8 miliardi e una riduzione del debito a 6,5 miliardi.
LE ITALIANE IMPARANO A FARE LE BADANTI
Arrivano le badanti della porta accanto
19,4 per cento le badanti provenienti dalla Romania, sono le più numerose
L’altro volto della crisi: le italiane tornano a un mestiere dimenticato
“Ci cercano perché nessuna straniera sa cucinare o stirare
come noi”
“Ci cercano perché nessuna straniera sa cucinare o stirare
come noi”
mauro pianta
torino
Se non è una guerra, poco ci manca. Complice la crisi, le italiane riscoprono il mestiere della badante e vanno all’attacco di un fortino tradizionalmente presidiato dalle donne dell’est europeo. Il grido di battaglia delle assistenti familiari «made in Italy»? «Nessuna straniera saprà mai cucinare o stirare come noi». In fondo, assicurano gli addetti ai lavori, la concorrenza con le colleghe romene, ucraine e moldave si gioca anche su questo terreno. Che poi, italiane o no, oggi è dura per tutte: mai come in questo periodo le famiglie si aggiustano con il fai-da-te in materia di assistenza.
Il monopolio del settore resta in mano alle migranti ma il fenomeno del ritorno delle signore di casa nostra alla cura di anziani soli o malati esiste eccome. Lo si può misurare, ad esempio, dalle iscrizioni agli specifici corsi di formazione attivi un po’ in tutta Italia. Federica Rossi Gasparrini è la presidente di Federcasalinghe: «Solo negli ultimi due anni a Milano, Roma e Udine il numero delle italiane iscritte è triplicato». Stessa musica per gli oltre 40 corsi organizzati annualmente dalle Acli Colf. «In effetti – osserva Raffaella Maioni, responsabile nazionale – tra le partecipanti c’è un affollamento di nostre connazionali».
Una tendenza confermata dagli operatori professionali. A Torino Alessandra Riminucci è la responsabile family di Obiettivo Lavoro: «I dati mostrano come le badanti torinesi assunte tramite la nostra agenzia siano passate dalle 948 del 2008 alle 1757 del 2010 con un incremento dell’85 per cento». Dati per spiegare i quali non è necessario scomodare i sociologi. Ma chi sono queste italiche badanti «di ritorno»? L’identikit è sempre lo stesso: tra i 45 e i 50 anni, licenza media, un lavoro (perso) alle spalle, un marito disoccupato. Spesso, poi, si tratta di persone separate e con figli.
Certo, le lavoratrici domestiche tipo (colf e badanti) continuano a essere straniere: secondo uno studio Censis del 2010 è immigrata la maggior parte di loro (71,6%). Arrivano dalla Romania (19,4% dei casi), Ucraina (10,4%), Polonia (7,7%) e Moldavia (6,2%). Quante sono? Stando sempre al Censis, un milione e 538 mila (per l’Istat nel 2011 sono approdate a quota un milione e 611mila) e lavorano in due milioni e 412 mila famiglie italiane.
In cosa si distinguono le nostre connazionali dalle migranti? «Le italiane – spiega ancora Maioni – avendo una propria abitazione non vivono con la persona da assistere, ma preferiscono lavorare a ore». Oltre all’età (le straniere sono più giovani) c’è il livello d’istruzione: quello delle migranti è più alto rispetto alle colleghe nate nel Belpaese. Il 37,6 % possiede un diploma di scuola superiore, il 6,8 % una laurea, contro rispettivamente il 23,2% e il 2,5% delle lavoratrici domestiche italiane.
Lauree, diplomi: eppure cosa fanno le badanti? Si occupano dell’igiene personale dell’anziano, cucinano, fanno la spesa, pagano le bollette, vigilano sull’assunzione dei farmaci. Quanto guadagnano? Dipende. Quando c’è un contratto regolare si parte da 6,30 euro lordi l’ora. «In genere – riprende Maioni – le nostre connazionali preferiscono lavorare in nero per compensi più elevati: 10 euro l’ora».
Ma sono anche tante quelle che mollano dopo pochi mesi. Dice Vilma Gabutti dell’associazione torinese Asai: «Non è facile, bisogna rapportarsi con persone anziane che spesso non vogliono accettare il fatto di aver bisogno di aiuto». Le italiane, comunque, restano le più contese. Aggiunge Vilma Gabutti: «I parenti cercano la figura della “figlia affettuosa” capace di sostituirli e di lenire i loro sensi di colpa. Le vogliono in grado di parlare in dialetto e di preparare piatti locali». Per cucinare i quali le straniere cominciano ad affollare corsi ad hoc. Colpo su colpo. Piatto su piatto. La guerra delle badanti è appena cominciata.
Il monopolio del settore resta in mano alle migranti ma il fenomeno del ritorno delle signore di casa nostra alla cura di anziani soli o malati esiste eccome. Lo si può misurare, ad esempio, dalle iscrizioni agli specifici corsi di formazione attivi un po’ in tutta Italia. Federica Rossi Gasparrini è la presidente di Federcasalinghe: «Solo negli ultimi due anni a Milano, Roma e Udine il numero delle italiane iscritte è triplicato». Stessa musica per gli oltre 40 corsi organizzati annualmente dalle Acli Colf. «In effetti – osserva Raffaella Maioni, responsabile nazionale – tra le partecipanti c’è un affollamento di nostre connazionali».
Una tendenza confermata dagli operatori professionali. A Torino Alessandra Riminucci è la responsabile family di Obiettivo Lavoro: «I dati mostrano come le badanti torinesi assunte tramite la nostra agenzia siano passate dalle 948 del 2008 alle 1757 del 2010 con un incremento dell’85 per cento». Dati per spiegare i quali non è necessario scomodare i sociologi. Ma chi sono queste italiche badanti «di ritorno»? L’identikit è sempre lo stesso: tra i 45 e i 50 anni, licenza media, un lavoro (perso) alle spalle, un marito disoccupato. Spesso, poi, si tratta di persone separate e con figli.
Certo, le lavoratrici domestiche tipo (colf e badanti) continuano a essere straniere: secondo uno studio Censis del 2010 è immigrata la maggior parte di loro (71,6%). Arrivano dalla Romania (19,4% dei casi), Ucraina (10,4%), Polonia (7,7%) e Moldavia (6,2%). Quante sono? Stando sempre al Censis, un milione e 538 mila (per l’Istat nel 2011 sono approdate a quota un milione e 611mila) e lavorano in due milioni e 412 mila famiglie italiane.
In cosa si distinguono le nostre connazionali dalle migranti? «Le italiane – spiega ancora Maioni – avendo una propria abitazione non vivono con la persona da assistere, ma preferiscono lavorare a ore». Oltre all’età (le straniere sono più giovani) c’è il livello d’istruzione: quello delle migranti è più alto rispetto alle colleghe nate nel Belpaese. Il 37,6 % possiede un diploma di scuola superiore, il 6,8 % una laurea, contro rispettivamente il 23,2% e il 2,5% delle lavoratrici domestiche italiane.
Lauree, diplomi: eppure cosa fanno le badanti? Si occupano dell’igiene personale dell’anziano, cucinano, fanno la spesa, pagano le bollette, vigilano sull’assunzione dei farmaci. Quanto guadagnano? Dipende. Quando c’è un contratto regolare si parte da 6,30 euro lordi l’ora. «In genere – riprende Maioni – le nostre connazionali preferiscono lavorare in nero per compensi più elevati: 10 euro l’ora».
Ma sono anche tante quelle che mollano dopo pochi mesi. Dice Vilma Gabutti dell’associazione torinese Asai: «Non è facile, bisogna rapportarsi con persone anziane che spesso non vogliono accettare il fatto di aver bisogno di aiuto». Le italiane, comunque, restano le più contese. Aggiunge Vilma Gabutti: «I parenti cercano la figura della “figlia affettuosa” capace di sostituirli e di lenire i loro sensi di colpa. Le vogliono in grado di parlare in dialetto e di preparare piatti locali». Per cucinare i quali le straniere cominciano ad affollare corsi ad hoc. Colpo su colpo. Piatto su piatto. La guerra delle badanti è appena cominciata.
GRAVE INCIDENTE D'AUTO PER VITTORIO SGARBI
Grave incidente d’auto
per Sgarbi, in coma l’autista
Vittorio Sgarbi
L’auto è uscita fuori strada finendo la sua corsa contro un muretto. Il critico d’arte ha riportato fratture
frosinone
Grave incidente questa notte, nei pressi di Frosinone, per l’auto su cui viaggiava il critico d’arte Vittorio Sgarbi. La vettura, alla cui guida c’era Antonio La Grassa, nel tentativo di schivare uno pneumatico probabilmente caduto da un camion, è uscita fuori strada finendo la sua corsa contro un muretto.
Sgarbi, ricoverato all’ospedale di Frosinone, ha riportato più fratture ad un braccio e nei prossimi giorni dovrà effettuare un intervento chirurgico al gomito. Sgarbi, dopo l’ingessatura del braccio, ha voluto lasciare il nosocomio per raggiungere la sua abitazione a Roma. Grave invece l’autista.
Destano preoccupazione le condizioni di Antonio La Grassa, in coma farmacologico: ha subito un forte trauma toracico e nella notte è stato trasferito all’Umberto I di Roma. A chiamare i soccorsi i conducenti di un’auto che è transitata pochi minuti dopo il grave incidente. Sgarbi circa un’ora fa, dopo l’ingessatura del braccio, ha voluto lasciare l’ospedale di Frosinone per raggiungere la sua abitazione a Roma e seguire da vicino le condizioni di salute del suo giovane collaboratore
Sgarbi, ricoverato all’ospedale di Frosinone, ha riportato più fratture ad un braccio e nei prossimi giorni dovrà effettuare un intervento chirurgico al gomito. Sgarbi, dopo l’ingessatura del braccio, ha voluto lasciare il nosocomio per raggiungere la sua abitazione a Roma. Grave invece l’autista.
Destano preoccupazione le condizioni di Antonio La Grassa, in coma farmacologico: ha subito un forte trauma toracico e nella notte è stato trasferito all’Umberto I di Roma. A chiamare i soccorsi i conducenti di un’auto che è transitata pochi minuti dopo il grave incidente. Sgarbi circa un’ora fa, dopo l’ingessatura del braccio, ha voluto lasciare l’ospedale di Frosinone per raggiungere la sua abitazione a Roma e seguire da vicino le condizioni di salute del suo giovane collaboratore
RECORD DI DISOCCUPATI TRA GLI UNDER 35
Record di disoccupati: 2,77 milioni
Tra i giovani il 35% è senza lavoro
Aumento del 24,9% su base annua
pari a 554 mila persone in più
pari a 554 mila persone in più
Record del numero dei disoccupati a settembre saliti a 2 milioni e 774 mila. Si tratta del livello più alto dall’inizio delle serie storiche mensili (gennaio 2004) e dall’avvio di quelle trimestrali, ovvero dal quarto trimestre del 1992. È quindi un record assoluto. Lo rileva l’Istat in base a dati provvisorie e destagionalizzati. Il tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni) a settembre è al 35,1%, in aumento di 1,3 punti percentuali su agosto e di 4,7 punti su base annua.
Il livello record di disoccupati raggiunto a settembre, pari a 2 milioni 774 mila, è il risultato di un aumento del 24,9% su base annua, pari a 554 mila unità. È quanto fa sapere l’Istat, aggiungendo che su base mensile si registra un rialzo del 2,3%, ovvero di 62 mila unità.
Il livello record di disoccupati raggiunto a settembre, pari a 2 milioni 774 mila, è il risultato di un aumento del 24,9% su base annua, pari a 554 mila unità. È quanto fa sapere l’Istat, aggiungendo che su base mensile si registra un rialzo del 2,3%, ovvero di 62 mila unità.
VENDOLA ASSOLTO
Inchiesta Sanità, Vendola assolto:
“Felice, mi è stata restituita la vita”
Nichi Vendola, governatore della Puglia
L’accusa era concorso in abuso
di ufficio per la nomina di un primario dell’ospedale San Paolo di Bari.
Stessa decisione per “Lady Asl”
di ufficio per la nomina di un primario dell’ospedale San Paolo di Bari.
Stessa decisione per “Lady Asl”
Il presidente della Regione Puglia Nichi Vendola è stato assolto dall’accusa di concorso in abuso di ufficio nel processo con rito abbreviato, relativo all’inchiesta sulla nomina del primario del reparto di chirurgia toracica dell’ospedale San Paolo di Bari, Paolo Sardelli.
Vendola è stato assolto perché il fatto non sussiste. Assolta anche l’ex manager della Asl di Bari Lea Cosentino. All’uscita dal tribunale, Vendola, commosso e con gli occhi lucidi, ha annunciato: “Sono felice, ma non fatemi parlare adesso. Ci vediamo a mezzogiorno”.
“Io ho vissuto un’intera vita sulle barricate della giustizia e della legalità. Oggi mi è stato restituito questo”. Vendola, che aveva annunciato il ritiro dalla vita pubblica in caso di condanna, ha aggiunto: “Quello che avevo deciso era sincero. Non avrei potuto esercitare le mie pubbliche funzioni con quel sentimento dell’onore che è prescritto dalla Costituzione. Mi sarei ritirato dalla vita pubblica”. “Per me non era e non è in gioco una contestazione specifica rispetto a cui penso di poter documentare assoluta trasparenza dei miei comportamenti”, ha concluso il Presidente. E sulla presenza del suo compagno Eddy in aula: “Non c’è stato verso, voleva essermi accanto”.
Vendola è stato assolto perché il fatto non sussiste. Assolta anche l’ex manager della Asl di Bari Lea Cosentino. All’uscita dal tribunale, Vendola, commosso e con gli occhi lucidi, ha annunciato: “Sono felice, ma non fatemi parlare adesso. Ci vediamo a mezzogiorno”.
“Io ho vissuto un’intera vita sulle barricate della giustizia e della legalità. Oggi mi è stato restituito questo”. Vendola, che aveva annunciato il ritiro dalla vita pubblica in caso di condanna, ha aggiunto: “Quello che avevo deciso era sincero. Non avrei potuto esercitare le mie pubbliche funzioni con quel sentimento dell’onore che è prescritto dalla Costituzione. Mi sarei ritirato dalla vita pubblica”. “Per me non era e non è in gioco una contestazione specifica rispetto a cui penso di poter documentare assoluta trasparenza dei miei comportamenti”, ha concluso il Presidente. E sulla presenza del suo compagno Eddy in aula: “Non c’è stato verso, voleva essermi accanto”.
martedì 30 ottobre 2012
LA POLITICA VIENE SCONFITTA IN SICILIA
Oggi ho assistito ad una paradossale affermazione di un politico, che dopo
il risultato delle elezioni in Sicilia ha affermato che il popolo locale e' stato
il vero perdente, perche' ha prevalso l'astensione . La verita' caro mio e' che
i reali sconfitti di questa tornata elettorale sono i politici, nei confronti dei
quali la gente ha dimostrato una freddezza e un disinteresse piu' unici che
rari.
Sono finiti i tempi del voto di scambio, perche' oggi di lavoro non se ne vede
neanche l'ombra e quindi manca il materiale per lo scambio stesso.....
Questa triste abitudine dei tempi passati, e' stato il vero cancro di questa
Regione, che ha bisogno di uomini veri, con idee moderne mirate allo
sviluppo di una terra meravigliosa dalle grandi potenzialita' , rimasta
vittima del saccheggio di politici disonesti.
Non mi interessa fare nomi e cognomi, dico solo che e' ora di cambiare rotta
guardare avanti e smetterla di rinvangare un passato di cui tutti sappiamo
morte e miracoli, soprattutto morte purtroppo......e chi ha orecchie per
intendere , intenda.
Avanti a volti nuovi, come il movimento Grillo che parla il linguaggio della
gente comune, senza tanti paroloni che stringi stringi , non hanno alcun
contenuto. Ho sentito una recente intervista a Vendola , nella quale e' stato
sollevato il problema dei quarantenni senza lavoro che non riescono a
ricollocarsi. Ebbene, il tanto osannato politico Pugliese si e' esibito in una
vera e propria "supercazzola", ovvero tante parole per non dire alla fine un
bel niente.....
E in Sicilia avviene la stessa cosa, si cambia tutto per non cambiare nulla,
sin dai tempi del Gattopardo di Visconti. C'e' bisogno di formare le nuove
generazioni, per renderle preparate ai cambiamenti del mercato del lavoro.
Non si investe piu' nella cultura , anzi si riducono i soldi investiti in Biblioteche e scuole, ma come si puo' pretendere di migliorare senza avere
una base culturale?
Certo fa comodo avere persone poco informate , perche' il termine ignorante
io lo rifiuto. Sono piu' facili da comandare , perche' non sanno difendersi nei
dovuti modi. La gente e' vittima di un sistema politico, che le sta togliendo
ogni piu' semplice diritto, perche' ricordiamoci sempre che la costituzione
nell'articolo 1 sostiene che il nostro amato paese e' una Repubblica basata
sul lavoro.......e meno male ......figuriamoci se non fosse stato scritto.......
Svegliatevi cari politici, la gente siciliana e' stanca di finte promesse , ci
vogliono i fatti e soprattutto gente onesta che lavora per il bene comune e
cerca di eliminare le grandi sacche di poverta' presenti nell'Isola.
Il vostro
GIORDANO ENRICO
URAGANO A NEW YORK
Sandy fa strage a New York. 16 morti, allarme nucleare
Martedì, 30 ottobre 2012 - 07:50:00
Venti di forte intensità, fino a 150 chilometri orari. Pioggia battente e mare tempestoso. E' arrivato l'uragano Sandy. L'East Coast degli Stati Uniti colpito pesantemente. Panico a New York. Si contano già 16 morti. Sei milioni e mezzo di persone sono al buio.
A Manhattan evacuato un ospedale, crolla la facciata di un palazzo. Allagate le gallerie della metropolitana. Allarme in una centrale nucleare del New Jersey.
LA CRONACA
ALLERTA IN UNA CENTRALE NUCLEARE DEL NEW JERSEY - La tempesta Sandy ha fatto scattare il livello di allerta due, il secondo piu' basso in una scala di quattro, nella piu' vecchia centrale nucleare americana, nel sud del New Jersey. Nel serbatoio dell'impianto di raffreddamento del reattore di Oyster Creek, il livello dell'acqua ha raggiunto infatti i due metri sopra la norma e sarebbe bastato un altro mezzo metro per impedirgli di raffreddare il combustibile. In quel caso si sarebbero dovute azionare le pompe per immettere acqua nella vasca di raffreddamento e compensare l'evaporazione che entro 25 ore avrebbe rischiato di arrivare al punto di ebollizione. L'impianto di Oyster Creek proprio in questi giorni era sottoposto a lavori di manutenzione, Nessun impianto nucleare americano e' stato chiuso per l'arrivo di Sandy, anche se l'impianto di Waterford, in Connecticut, ha ridotto la produzione del 25%.
FLAGELLA USA, 13 MORTI E 6 MILIONI E MEZZO AL BUIO - Sandy, si e' abbattuta sulla costa orientale degli Stati Uniti provocando almeno 13 morti, allagamenti-record e devastazioni, e lasciando al buio sei milioni e mezzo di persone in 13 Stati, di cui 250mila solo a Manhattan. Le vittime si sono registrate dal West Virginia fino alla North Carolina e al Connecticut. Scenario spettrale a New York, dove al Battery Park l'acqua ha superato i quattro metri di altezza, battendo il record di un metro raggiunto dall'acqua a Mahattan durante il terribile uragano Donna nel 1960. Ora l'acqua sta lentamente regredendo, ma la citta' e' paralizzata, con sette gallerie della metropolitana e sei depositi degli autobus completamente allagati, in quello che e' stato definito "il peggior disastro in 108 anni di vita della metropolitana newyorchese". "Frankenstorm", come e' stato ribattezzato, ha prodotto il peggior blackout per New York dal 2003, quando l'intera citta' rimase al buio. La tempesta ha toccato terra ad Atlantic City intorno alle 20 ora locale con venti di 130 chilometri orari e onde di quattro metri. Poco prima Sandy era stata declassata da urgano a ciclone post-tropicale dal National Hurricane Center ma ha mantenuto intatta la sua potenza devastatrice che gli aveva gia' permesso di fare 67 morti nei Caraibi. Per piu' di un milione di persone e' stato dato l'ordine di evacuazione. Nella notte l'istituto geologico ha lanciato l'allarme frane in Maryland, Delaware, Virginia e Pennsylvania. Due persone sono state uccise in New Jersey per un albero abbattutosi sullo loro auto mentre una donna si e' schiantata contro un camion in West Virginia per il fondo stradale scivoloso a causa della neve. Una trentenne di New York ha perso la vita in seguito alla caduta di un albero sulla sua abitazione nel polare quartiere di Queens dove un'altra donna e' morta folgorata da una scarica elettrica.
Ad Atlantic City, completamente allagata, una persona e' morta d'infarto mentre veniva evacuata. Altre vittime ci sono state in Maryland mentre e' stata ritrovata morta una donna dell'equipaggio dispersa nel naufragio della nave-replica del Bounty affondata al largo del North Carolina e non ci sono ormai piu' speranze di salvare il comandante. Una vittima anche in Canada, dove si sono registrati venti molto sostenuti nel sud dell'Ontario e in Quebec: una donna e' morta a Toronto dopo essere stata colpita da un cartellone sradicato dai venti che soffiavano a 65 chilometri orari. L'acqua e' entrata anche a Wall Street dove ha raggiunto il livello di 3 metri. L'ordine di evacuazione ha riguardato oltre 400.000 persone a New York dove sono stati chiusi tutti gli aeroporti, compreso il megascalo JFK. L'ospedale della New York University, nell'area di lower Manhattan, ha avviato le procedure di evacuazione perche' e' saltato il generatore di corrente mentre 19 operai della Con Edison sono rimasti bloccati per tre ore in una centrale elettrica in seguito ad un'esplosione e sono stati tratti in salvo con i gommoni.
A Manhattan evacuato un ospedale, crolla la facciata di un palazzo. Allagate le gallerie della metropolitana. Allarme in una centrale nucleare del New Jersey.
Guarda la gallery - Sandy negli Stati Uniti
LA CRONACA
ALLERTA IN UNA CENTRALE NUCLEARE DEL NEW JERSEY - La tempesta Sandy ha fatto scattare il livello di allerta due, il secondo piu' basso in una scala di quattro, nella piu' vecchia centrale nucleare americana, nel sud del New Jersey. Nel serbatoio dell'impianto di raffreddamento del reattore di Oyster Creek, il livello dell'acqua ha raggiunto infatti i due metri sopra la norma e sarebbe bastato un altro mezzo metro per impedirgli di raffreddare il combustibile. In quel caso si sarebbero dovute azionare le pompe per immettere acqua nella vasca di raffreddamento e compensare l'evaporazione che entro 25 ore avrebbe rischiato di arrivare al punto di ebollizione. L'impianto di Oyster Creek proprio in questi giorni era sottoposto a lavori di manutenzione, Nessun impianto nucleare americano e' stato chiuso per l'arrivo di Sandy, anche se l'impianto di Waterford, in Connecticut, ha ridotto la produzione del 25%.
FLAGELLA USA, 13 MORTI E 6 MILIONI E MEZZO AL BUIO - Sandy, si e' abbattuta sulla costa orientale degli Stati Uniti provocando almeno 13 morti, allagamenti-record e devastazioni, e lasciando al buio sei milioni e mezzo di persone in 13 Stati, di cui 250mila solo a Manhattan. Le vittime si sono registrate dal West Virginia fino alla North Carolina e al Connecticut. Scenario spettrale a New York, dove al Battery Park l'acqua ha superato i quattro metri di altezza, battendo il record di un metro raggiunto dall'acqua a Mahattan durante il terribile uragano Donna nel 1960. Ora l'acqua sta lentamente regredendo, ma la citta' e' paralizzata, con sette gallerie della metropolitana e sei depositi degli autobus completamente allagati, in quello che e' stato definito "il peggior disastro in 108 anni di vita della metropolitana newyorchese". "Frankenstorm", come e' stato ribattezzato, ha prodotto il peggior blackout per New York dal 2003, quando l'intera citta' rimase al buio. La tempesta ha toccato terra ad Atlantic City intorno alle 20 ora locale con venti di 130 chilometri orari e onde di quattro metri. Poco prima Sandy era stata declassata da urgano a ciclone post-tropicale dal National Hurricane Center ma ha mantenuto intatta la sua potenza devastatrice che gli aveva gia' permesso di fare 67 morti nei Caraibi. Per piu' di un milione di persone e' stato dato l'ordine di evacuazione. Nella notte l'istituto geologico ha lanciato l'allarme frane in Maryland, Delaware, Virginia e Pennsylvania. Due persone sono state uccise in New Jersey per un albero abbattutosi sullo loro auto mentre una donna si e' schiantata contro un camion in West Virginia per il fondo stradale scivoloso a causa della neve. Una trentenne di New York ha perso la vita in seguito alla caduta di un albero sulla sua abitazione nel polare quartiere di Queens dove un'altra donna e' morta folgorata da una scarica elettrica.
Ad Atlantic City, completamente allagata, una persona e' morta d'infarto mentre veniva evacuata. Altre vittime ci sono state in Maryland mentre e' stata ritrovata morta una donna dell'equipaggio dispersa nel naufragio della nave-replica del Bounty affondata al largo del North Carolina e non ci sono ormai piu' speranze di salvare il comandante. Una vittima anche in Canada, dove si sono registrati venti molto sostenuti nel sud dell'Ontario e in Quebec: una donna e' morta a Toronto dopo essere stata colpita da un cartellone sradicato dai venti che soffiavano a 65 chilometri orari. L'acqua e' entrata anche a Wall Street dove ha raggiunto il livello di 3 metri. L'ordine di evacuazione ha riguardato oltre 400.000 persone a New York dove sono stati chiusi tutti gli aeroporti, compreso il megascalo JFK. L'ospedale della New York University, nell'area di lower Manhattan, ha avviato le procedure di evacuazione perche' e' saltato il generatore di corrente mentre 19 operai della Con Edison sono rimasti bloccati per tre ore in una centrale elettrica in seguito ad un'esplosione e sono stati tratti in salvo con i gommoni.
lunedì 29 ottobre 2012
WIKIPEDIA A RISCHIO CENSURA
Gentile lettore, gentile lettrice,
ancora una volta l'indipendenza di Wikipedia è sotto minaccia.
In queste ore il Senato italiano sta discutendo un disegno di legge in materia di diffamazione (DDL n. 3491) che, se approvato, potrebbe imporre a ogni sito web (ivi compresa Wikipedia) la rettifica o la cancellazione dei propri contenuti dietro semplice richiesta di chi li ritenesse lesivi della propria immagine o anche della propria privacy, e prevede la condanna penale e sanzioni pecuniarie fino a 100 000 euro in caso di mancata rimozione. Simili iniziative non sono nuove, ma stavolta la loro approvazione sembra imminente.
Wikipedia riconosce il diritto alla tutela della reputazione di ognuno e i volontari che vi contribuiscono gratuitamente già si adoperano quotidianamente per garantirla. L'approvazione di questa norma, tuttavia, obbligherebbe ad alterare i contenuti indipendentemente dalla loro veridicità. Un simile obbligo snaturerebbe i principi fondamentali di Wikipedia, costituirebbe una limitazione inaccettabile alla sua autonomia e una pesante minaccia all'attività dei suoi 15 milioni di volontari sparsi in tutto il mondo, che sarebbero indotti a smettere di occuparsi di determinati argomenti o personaggi, anche solo per "non avere problemi".
Wikipedia è la più grande opera collettiva della storia del genere umano: in 12 anni è entrata a far parte delle abitudini di milioni di utenti della Rete in cerca di un sapere neutrale, gratuito e soprattutto libero. L'edizione in lingua italiana ha quasi un milione di voci, che ricevono 16 milioni di visite ogni giorno, ma questa norma potrebbe oscurarle per sempre.
L'Enciclopedia è patrimonio di tutti. Non lasciamo che scompaia.
ancora una volta l'indipendenza di Wikipedia è sotto minaccia.
In queste ore il Senato italiano sta discutendo un disegno di legge in materia di diffamazione (DDL n. 3491) che, se approvato, potrebbe imporre a ogni sito web (ivi compresa Wikipedia) la rettifica o la cancellazione dei propri contenuti dietro semplice richiesta di chi li ritenesse lesivi della propria immagine o anche della propria privacy, e prevede la condanna penale e sanzioni pecuniarie fino a 100 000 euro in caso di mancata rimozione. Simili iniziative non sono nuove, ma stavolta la loro approvazione sembra imminente.
Wikipedia riconosce il diritto alla tutela della reputazione di ognuno e i volontari che vi contribuiscono gratuitamente già si adoperano quotidianamente per garantirla. L'approvazione di questa norma, tuttavia, obbligherebbe ad alterare i contenuti indipendentemente dalla loro veridicità. Un simile obbligo snaturerebbe i principi fondamentali di Wikipedia, costituirebbe una limitazione inaccettabile alla sua autonomia e una pesante minaccia all'attività dei suoi 15 milioni di volontari sparsi in tutto il mondo, che sarebbero indotti a smettere di occuparsi di determinati argomenti o personaggi, anche solo per "non avere problemi".
Wikipedia è la più grande opera collettiva della storia del genere umano: in 12 anni è entrata a far parte delle abitudini di milioni di utenti della Rete in cerca di un sapere neutrale, gratuito e soprattutto libero. L'edizione in lingua italiana ha quasi un milione di voci, che ricevono 16 milioni di visite ogni giorno, ma questa norma potrebbe oscurarle per sempre.
L'Enciclopedia è patrimonio di tutti. Non lasciamo che scompaia.
ALDO MORO
Aldo Romeo Luigi Moro (Maglie, 23 settembre 1916 – Roma, 9 maggio 1978) è stato un politico e accademico italiano, cinque volte Presidente del Consiglio dei ministri e presidente del partito della Democrazia Cristiana.
Fu rapito il 16 marzo 1978 e ucciso il 9 maggio successivo da appartenenti al gruppo terrorista denominato Brigate Rosse.
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Biografia [modifica]
Nacque a Maglie, in provincia di Lecce, da genitori originari di Gemini, frazione di Ugento. Conseguì la Maturità Classica al Liceo "Archita" di Taranto.Si iscrisse presso l'Università di Bari alla Facoltà di Giurisprudenza, dove prese la laurea, sotto la guida del prof. Biagio Petrocelli, con una tesi su "La capacità giuridica penale". In seguito, nel 1939, pubblicò la tesi e ottenne la docenza in filosofia del diritto e di politica coloniale alla stessa università nel 1941. L'anno successivo svilupperà la sua seconda opera "la subiettivazione della norma penale" e otterrà così la cattedra di professore di diritto penale. Durante gli anni universitari partecipa ai Littoriali della cultura e dell'arte.
Nel 1942 entra a far parte della Federazione Universitaria Cattolica Italiana di Bari, segnalandosi ben presto anche a livello nazionale. Nel luglio 1939 venne scelto, su consiglio di Giovanni Battista Montini, di cui, proprio in quegli anni, divenne amico, come presidente dell'Associazione. Mantenne l'incarico sino al 1942, quando fu chiamato alle armi e gli successe Giulio Andreotti, sino ad allora direttore della rivista Azione Fucina[1]. Dopo qualche anno di carriera accademica, fondò nel 1943 a Bari, con alcuni amici, il periodico «La Rassegna» che uscì fino al 1945. Nel luglio dello stesso anno prese parte ai lavori che portarono alla redazione del Codice di Camaldoli.
Nel 1945 sposò Eleonora Chiavarelli (Montemarciano, 25 settembre 1915 – Roma, 17 luglio 2010), con la quale ebbe quattro figli: Maria Fida (Roma, 17 dicembre 1946), Anna (1949) Agnese (1952), e Giovanni (Roma, 1958). Nei primi anni cinquanta fu nominato professore ordinario di diritto penale presso l'Università di Bari. Nel 1963 ottenne il trasferimento all'Università di Roma, in qualità di titolare della cattedra di Istituzioni di Diritto e Procedura penale presso la Facoltà di Scienze Politiche.
Attività politica [modifica]
Tra il 1943 e il 1945 Aldo Moro aveva iniziato a interessarsi di politica; in un primo tempo mostrò particolare attenzione alla componente socialdemocratica del partito socialista, successivamente però il suo forte credo cattolico lo spinse verso il costituendo movimento democristiano. Nella DC mostrò subito la sua tendenza democratico-sociale, aderendo alla componente dossettiana[2]. Nel 1945 divenne direttore della rivista Studium e fu eletto presidente del Movimento Laureati dell'Azione Cattolica.Nel 1946 divenne vicepresidente della Democrazia Cristiana e fu eletto all'Assemblea Costituente, dove entrò a far parte della Commissione che si occupò di redigere il testo costituzionale. Eletto deputato al parlamento nelle elezioni del 1948, fu nominato sottosegretario agli esteri nel gabinetto De Gasperi (23 maggio 1948 - 27 gennaio 1950).
Nel 1953 fu rieletto alla Camera, ove fu eletto presidente del gruppo parlamentare democristiano. Nel 1955 fu ministro di Grazia e Giustizia nel governo Segni I e l'anno dopo risultò tra i primi eletti nel consiglio nazionale del partito durante il VI congresso nazionale della DC. Ministro della Pubblica Istruzione nei due anni successivi (governi Zoli e Fanfani), introdusse lo studio dell'educazione civica nelle scuole. Nel 1959, al VII congresso nazionale DC conquistò la segreteria del partito.
Nel dicembre 1963 (IV Legislatura, 1963-68) divenne, a soli 47 anni, presidente del Consiglio. Formò il suo primo governo con una coalizione inedita: DC, PSI, PSDI e PRI; fu il primo governo del centro-sinistra. La coalizione resse fino alle elezioni del 1968. Il governo Moro III (23 febbraio 1966-5 giugno 1968) batté il record di durata (833 giorni) e rimase uno dei più longevi della Repubblica. Dopo le elezioni venne costituito un governo balneare in attesa del congresso DC, previsto per l'autunno. Al congresso Moro passò all'opposizione interna al partito.
Dal 1969 al 1974 (V e VI Legislatura), assunse l'incarico di ministro degli Esteri. Dopo la caduta del V governo Rumor, riprese la guida di palazzo Chigi, dove rimase fino alle elezioni anticipate del 1976. Nel 1975 il suo governo conclude il Trattato di Osimo, con cui si sanciva l'appartenenza della Zona B del Territorio Libero di Trieste alla Jugoslavia. Nel 1976 fu eletto Presidente del Consiglio Nazionale del partito.
Moro e la DC[3] [modifica]
Aldo Moro «era un cattolico osservante e praticante e la sua fede in Dio si rispecchiava nella sua vita politica»[4]. Moro era considerato un mediatore tenace e particolarmente abile nella gestione e nel coordinamento politico delle numerose "correnti" che agivano e si suddividevano il potere all'interno della Democrazia cristiana. All'inizio degli anni sessanta Moro fu un convinto assertore della necessità di un'alleanza tra il suo partito e il Partito socialista italiano, per creare un governo di centro-sinistra.Nel congresso democristiano di Napoli del 1962 riuscì a portare su questa posizione l'intero gruppo dirigente del partito. La stessa cosa avvenne all'inizio del 1978 (poco prima del rapimento), quando riuscì a convincere la DC della necessità di un "governo di solidarietà nazionale", con la presenza del PCI nella maggioranza parlamentare. La sua intenzione dominante era di allargare la base democratica del sistema di governo, vale a dire che il vertice del potere esecutivo avrebbe dovuto rappresentare un numero più ampio di partiti e di elettori. Questo sarebbe stato possibile solo con un gioco di alleanze aventi come fulcro la DC, seguendo così una linea politica secondo il principio di democrazia consociativa[5].
Se si analizzano i compiti di Moro nell'ambito della sua attività politica, risaltano le grandi difficoltà a cui doveva far fronte: soprattutto la necessità di conciliare la missione cristiana e popolare della democrazia cristiana con i valori di tendenza laica e liberale della società italiana. Il cosiddetto “miracolo economico”, che aveva portato l'Italia rurale a diventare in pochi decenni una delle grandi potenze industriali mondiali, comportò anche un cambiamento sociale, con il risveglio delle masse nel senso di una presenza attiva nella vita del Paese. Moro, quando affermava che “di crescita si può anche morire”[6], voleva esprimere il reale pericolo di una società in rapida crescita. Il risveglio delle masse aveva favorito nuove e più forti fasce sociali (tra cui i giovani, le donne e i lavoratori) che avevano bisogno di integrazione all'interno del sistema democratico.
«No al processo in piazza»
Il 7 marzo 1977 cominciò in Parlamento il dibattito sullo scandalo Lockheed. Marco Pannella, tra i primi a parlare, sostenne la tesi che il responsabile delle tangenti non fosse il governo ma il Presidente della Repubblica in persona, Giovanni Leone. Ugo La Malfa si schierò dalla sua parte chiedendo le dimissioni del Presidente.
Il 9 marzo prese la parola Moro. Il presidente DC difese il suo partito dall'accusa di aver posto in essere un «regime» e difese i ministri Luigi Gui (democristiano) e Mario Tanassi (PSDI), che erano al centro dell'inchiesta. Poi intese replicare all'intervento di Mimmo Pinto. Il deputato di Democrazia proletaria aveva detto che la corruzione della DC era provata dallo scandalo Lockheed; per questo i democristiani sarebbero stati processati nelle piazze: «Nel Paese vi sono molte opposizioni (…); e quell'opposizione, colleghi della Democrazia cristiana, sarà molto più intransigente, sarà molto più radicale quando i processi non si faranno più in un'aula come questa, ma si faranno nelle piazze, e nelle piazze vi saranno le condanne»[7]
Moro replicò: «Onorevoli colleghi che ci avete preannunciato il processo nelle piazze, vi diciamo che noi non ci faremo processare»[8].
In seguito la frase si prestò a diverse interpretazioni, in chiave prevalentemente politica. La vicenda giudiziaria si concluderà nel 1979 con l'assoluzione di Gui e la condanna di Tanassi.
Le masse popolari, secondo alcuni[9] tendevano a esprimere in forma “emotiva e mitologica” il loro bisogno di una partecipazione diretta alla gestione del potere. Secondo altri, più semplicemente, le masse popolari italiane erano e sono – per ragioni storiche, politico-culturali e di fragilità del ceto intellettuale – propense a inclinare verso una destra autoritaria. In questo quadro variegato e in evoluzione, la missione che Moro ascrisse alla Democrazia cristiana fu recuperare le classi popolari dal fascismo e traghettarle nel sistema democratico[10].Il 7 marzo 1977 cominciò in Parlamento il dibattito sullo scandalo Lockheed. Marco Pannella, tra i primi a parlare, sostenne la tesi che il responsabile delle tangenti non fosse il governo ma il Presidente della Repubblica in persona, Giovanni Leone. Ugo La Malfa si schierò dalla sua parte chiedendo le dimissioni del Presidente.
Il 9 marzo prese la parola Moro. Il presidente DC difese il suo partito dall'accusa di aver posto in essere un «regime» e difese i ministri Luigi Gui (democristiano) e Mario Tanassi (PSDI), che erano al centro dell'inchiesta. Poi intese replicare all'intervento di Mimmo Pinto. Il deputato di Democrazia proletaria aveva detto che la corruzione della DC era provata dallo scandalo Lockheed; per questo i democristiani sarebbero stati processati nelle piazze: «Nel Paese vi sono molte opposizioni (…); e quell'opposizione, colleghi della Democrazia cristiana, sarà molto più intransigente, sarà molto più radicale quando i processi non si faranno più in un'aula come questa, ma si faranno nelle piazze, e nelle piazze vi saranno le condanne»[7]
Moro replicò: «Onorevoli colleghi che ci avete preannunciato il processo nelle piazze, vi diciamo che noi non ci faremo processare»[8].
In seguito la frase si prestò a diverse interpretazioni, in chiave prevalentemente politica. La vicenda giudiziaria si concluderà nel 1979 con l'assoluzione di Gui e la condanna di Tanassi.
Per questo motivo, Moro si ritrovò nell'ingrata situazione di dover “armonizzare” realtà apparentemente inconciliabili tra loro[11] Questo fattore era un fondamentale presupposto per la nascita di gruppi terroristici che, visti sotto quest'ottica, si potevano considerare il frutto dell'estremizzazione di una forma di partecipazione attiva ed extraparlamentare alla politica del paese da parte di una piccolissima parte della popolazione. In questo tipo di partecipazione, componenti emozionali e mitologiche si mescolano provocando quasi sempre “situazioni drammatiche”[12].
Dall'altro lato c'era la necessità di far sopravvivere il sistema politico, che a questo scopo aveva bisogno sia di regole precise, sia di scendere continuamente a compromessi alla ricerca di una forma di tolleranza civile. Vale a dire due realtà opposte, agli antipodi tra loro. Sandro Fontana riepiloga con le seguenti domande l'arduo compito di Moro (e della Dc): “Come conciliare l'estrema mobilità delle trasformazioni sociali con la continuità delle strutture rappresentative? Come integrare nello Stato masse sempre più estese di cittadini senza cedere a seduzioni autoritarie? Come crescere senza morire?”[13]
Per forza di cose, la soluzione a tali quesiti non poteva non essere vista nell'ambito di un compromesso politico, un'esperienza già in parte collaudata con “l'apertura a sinistra” della DC nei confronti del PSI di Pietro Nenni, all'inizio degli anni Sessanta[14]. Ma la situazione era diversa: fin dal 1956 (rivoluzione ungherese) il Psi si era dichiaratamente staccato dal Pci per intraprendere una strada autonoma. Negli anni settanta e soprattutto dopo le elezioni del 1976, che videro un'avanzata del PCI sulla Dc, Moro concepì l'esigenza di dar vita a governi di "solidarietà nazionale", che avessero una base parlamentare più ampia, comprendente anche il PCI. Questo fatto rese Moro oggetto di aspre contestazioni: i critici lo accusarono di volersi rendere artefice di un secondo “compromesso storico”, più clamoroso di quello con Nenni in quanto prevedeva una collaborazione di governo con il Partito Comunista di Enrico Berlinguer, che ancora faceva parte della sfera d'influenza sovietica.
Ma Berlinguer anticipò le eventuali preclusioni ai suoi danni prendendo pubblicamente le distanze da Mosca e rivendicando la capacità del PCI di muoversi autonomamente sullo scacchiere politico italiano[15]. Aldo Moro fu uno dei leader politici che maggiormente prestarono attenzione al progetto di Berlinguer, che con lo «strappo da Mosca» si era reso accettabile a una parte degli elettori della Democrazia cristiana. Il segretario nazionale del Partito Comunista Italiano aveva proposto un accordo di solidarietà politica fra i comunisti e cattolici, in un momento di profonda crisi sociale e politica in Italia. La conseguenza fu un intenso confronto parlamentare tra i due schieramenti, che fece parlare di "centralità del Parlamento".
All'inizio del 1978 Moro, allora presidente della Democrazia Cristiana fu l'esponente politico più importante fra coloro che ritennero percorribile una strada per un governo di "solidarietà nazionale", che includesse anche il PCI nella maggioranza, sia pure senza fare entrare direttamente nel Governo, in una prima fase, dei ministri comunisti. Tale soluzione presentava peraltro grandi rischi sul piano della politica internazionale, in quanto non trovava il consenso delle grandi superpotenze mondiali[16]:
- Disaccordo degli Usa: l'ingresso al governo di persone che avevano stretti contatti con il partito comunista sovietico avrebbe consentito loro di venire a conoscenza, in piena guerra fredda, di piani militari e di postazioni strategiche supersegrete della Nato. Inoltre, una partecipazione comunista in un paese d'influenza americana sarebbe stata una sconfitta culturale degli Usa nei confronti del resto del mondo, e soprattutto dell'Urss;
- Disaccordo dell'Urss: la partecipazione al governo del Pci sarebbe stata una forma di emancipazione dal governo madre sovietico e di avvicinamento agli Usa.
Il sequestro [modifica]
Per approfondire, vedi le voci Cronaca del sequestro Moro e Caso Moro. |
Morte e sepoltura [modifica]
Dopo una prigionia di 55 giorni nel covo di via Montalcini[18], il corpo di Aldo Moro, ucciso dalle Brigate Rosse, fu ritrovato il 9 maggio nel baule posteriore di un'automobile Renault 4 rossa a Roma, in via Caetani, emblematicamente vicina sia[19] a Piazza del Gesù (dov'era la sede nazionale della Democrazia Cristiana), sia a via delle Botteghe Oscure (dove era la sede nazionale del Partito Comunista Italiano). Fu sepolto nel comune di Torrita Tiberina, piccolo paese della provincia romana ove lo statista amava soggiornare. Aveva 61 anni.Papa Paolo VI officiò una solenne commemorazione funebre pubblica per la scomparsa di Aldo Moro, amico di sempre e alleato, a cui parteciparono le personalità politiche e trasmesso in televisione. Questa cerimonia funebre venne celebrata senza il corpo dello statista per esplicito volere della famiglia, che non vi partecipò, ritenendo che lo stato italiano poco o nulla avesse fatto per salvare la vita di Moro, rifiutando il funerale di stato e scegliendo di svolgere le esequie dello statista in forma privata.
Le lettere di Aldo Moro [modifica]
Per approfondire, vedi la voce Lettere dalla prigionia. |
Il parere dei familiari, dei migliori studiosi e infine di chiunque abbia letto le lettere integralmente, è concorde nel riconoscere pienamente Moro in quegli scritti. Trentotto di queste lettere vennero pubblicate, con una introduzione attribuita a Bettino Craxi, nel pamphlet Lettere dal Patibolo dalla rivista Critica Sociale.[20]
Le polemiche successive [modifica]
Il settimanale Panorama nel numero del 19 maggio 1980 in un articolo dal titolo Perché rubano tanto?[21]. aveva sollevato il caso delle fattorie del senese amministrate dal consigliere di Aldo Moro, Sereno Freato. La polemica fu poi ripresa da Giorgio Pisanò sul settimanale Candido.Riconoscimenti ufficiali [modifica]
Il 4 maggio 2007, il Parlamento ha votato e approvato una legge con il quale si istituisce il 9 maggio il "Giorno della memoria" in ricordo di Aldo Moro e di tutte le vittime del terrorismo.Tra aprile e maggio 2007 è stata presentata presso l'Istituto San Giuseppe delle suore Orsoline a Terracina e presso la sede dell'associazione Forche Caudine a Roma[22], presente la figlia Agnese, una raccolta ragionata dei suoi scritti giornalistici, curata da Antonello Di Marioe Tullio Pironti editore.
Nella notte tra l'8 e il 9 giugno 2007, giorni della visita del Presidente degli Stati Uniti George W. Bush in Italia, la lapide di via Fani che ricorda il rapimento di Aldo Moro e le cinque persone della scorta uccise è stata profanata con la scritta "Bush uguale a Moro". Le più alte cariche istituzionali, personalità politiche e rappresentanti della società civile si sono dette indignate per quello che ritengono un atto vile e insensato.
Il giorno della domenica delle Palme del 2008, 16 marzo, a trenta anni esatti dal suo rapimento, il vescovo di Caserta Raffaele Nogaro nell'omelia pasquale ha espressamente chiesto l'avvio di un processo di canonizzazione per Aldo Moro: "uomo di infinita misericordia, che perdonò tutti"[23]. Il 20 settembre 2012 il presidente del tribunale diocesano di Roma da il via libera all’inchiesta sulla beatificazione di Aldo Moro dopo il nulla osta concesso dal vicario del Papa, cardinal Agostino Vallini, che ha indicato lo statista «servo di Dio»[24].
Nel giorno del 30º anniversario della sua morte, l'Università degli Studi di Bari ha deliberato di intitolarsi ad Aldo Moro, che fu studente e docente presso quest'ultima. La decisione ha avuto consenso e apprezzamento da parte della figlia Agnese Moro. A Aldo Moro è dedicato il ponte omonimo di Taranto conosciuto anche come Ponte Punta Penna Pizzone.
Termine della secretazione dei lavori governativi di Aldo Moro [modifica]
Ormai i termini di secretazione sono scaduti, e lentamente vengono pubblicati alcuni documenti realizzati durante la sua attività politica[25][26][27][28].Opere di Aldo Moro [modifica]
- Aldo Moro, La democrazia cristiana per il governo del paese e lo sviluppo democratico nella società italiana, 1962
- Aldo Moro, "La subiettivazione della norma penale"
- Aldo Moro,"La capacità giuridica penale"
Opere su Aldo Moro [modifica]
Bibliografia [modifica]
- Giovanni Acquaviva, Un italiano diverso: Aldo Moro, 1968
- Gianni Baget Bozzo, Il partito cristiano e l'apertura a sinistra: la DC di Fanfani e di Moro 1954-1962, Firenze, Vallecchi, 1977.
- Gianni Baget Bozzo, Democrazia cristiana, Moro, «partito americano», in Argomenti radicali, n, 10, 1978.
- Gianni Baget Bozzo e Giovanni Tassani, Aldo Moro: il politico nella crisi, 1983
- Roberto Bartali, Giuseppe de Lutiis, Sergio Flamigni, Ilaria Moroni e Lorenzo Ruggiero, Il sequestro di verità. I buchi neri del delitto Moro, 2008
- Giovanni Bianconi. Eseguendo la sentenza. Einaudi, 2007
- Francesco Biscione, Il delitto Moro: strategie di un assassinio politico, 1998
- Carlo Bo, Aldo Moro. Delitto d'abbandono, 1988
- Giorgio Bocca e Silvia Giacomoni, Moro: una tragedia italiana, 1978
- Silvio Bonfigli e Jacopo Sce, Il delitto infinito. Ultime notizie sul sequestro Moro, Kaos edizioni
- Annalaura Braghetti e Paola Tavella, Il prigioniero, 1998
- Manlio Castronuovo, "Vuoto a perdere ", 2007
- Marco Clementi, La 'pazzia' di Aldo Moro, 2001
- Aniello Coppola, Moro, 1976
- Eugenio Cutolo, Aldo Moro: La vita, l'opera, l'eredità, 1980
- Augusto D'Angelo, Moro – I vescovi e l'apertura a sinistra, 2005
- Giuseppe De Lutis, Perché Aldo Moro, 1988
- Giovanni Di Capua, Aldo Moro: il potere della parola (1943-1978), 1988
- Antonello Di Mario, L'attualità politica di Aldo Moro negli scritti giornalistici dal 1937 al 1978, 2007
- Roberto Ducci I Capintesta, Rusconi 1982
- Giovanni Fasanella, Giuseppe Rocca Il misterioso intermediario – Igor Markevic e il caso Moro, 2003
- Sergio Flamigni, La tela del ragno. Il delitto Moro, Kaos edizioni 1988
- Sergio Flamigni, Il mio sangue ricadrà su di loro. Gli scritti di Moro prigioniero delle BR, Kaos edizioni
- Sergio Flamigni, Convergenze parallele, Kaos edizioni
- Sergio Flamigni, Il covo di stato. Via Gradoli 96 e il delitto Moro, Kaos edizioni
- Guido Formigoni, Aldo Moro. L'intelligenza applicata alla mediazione politica, 1997
- Antonio Ghirelli e FrancoAngeli, Moro tra Nenni e Craxi. Cronaca di un dialogo tra il 1959 e il 1978, 1991
- Agostino Giovagnoli, Il caso Moro – Una tragedia repubblicana, Il Mulino, 2005
- Ferdinando Imposimato-Sandro Provvisionato, Doveva morire. Chi ha ucciso Aldo Moro. Il racconto di un giudice, edizioni Chiarelettere, 2008, ISBN 88-6190-025-9
- Robert Katz, I giorni dell'ira, 1986 (libro da cui è tratto il film di G. Ferrara Il caso Moro)
- Daniele Luttazzi, Stanotte e per sempre, racconto grottesco su Andreotti e il caso Moro
- Mario Moretti, Rossana Rossanda, Carla Mosca Brigate Rosse. Una storia italiana, 2002
- Agnese Moro, Un uomo così, 2003
- Carlo Alfredo Moro, Storia di un delitto annunciato, 1998
- Maria Fida Moro, La nebulosa del caso Moro, 2004
- Renato Moro, Aldo Moro negli anni della FUCI, 2008
- Roberto Pantanelli, Ammazzate Moro, 1987
- Paolo Parisi, Il sequestro Moro, 2006, graphic novel
- Roberto Ruffilli, Vicenda Moro e sistema politico, ne Il Mulino, 4, luglio-agosto 1978, pp. 668-fine
- Vladimiro Satta, Odissea nel caso Moro, 2003
- Vladimiro Satta, Il caso Moro e i suoi falsi misteri, 2006
- Salvatore Savoia, Aldo Moro. L'iniqua ed ingrata sentenza della D.C...., Dellisanti editore, Massafra, 2006
- Leonardo Sciascia, L'affaire Moro, 1994
- Leonardo Sciascia, Todo modo romanzo, 1974
- Webster Tarpley et al., Chi ha ucciso Aldo Moro? studio commissionato dall'On. Zamberletti. 1978
- Vittorio Vettori, Diario apocrifo di Aldo Moro prigioniero, 1982
- Giovanni Moro, Anni Settanta, 2007
- Andrea Ligorio, Il caos Moro, 2008
- Antonio Volpi, La macchina Rossa, 2008
- Giovanni Maddamma, Aldo Moro – Omicidio Misterioso Edizione Boopen, 2008
- Romano Bianco e Manlio Castronuovo, Via Fani ore 9.02. 34 testimoni oculari raccontano l'agguato ad Aldo Moro, 2010
Filmografia [modifica]
- Todo modo: film di Elio Petri, 1976, nel quale il personaggio del presidente, interpretato da Gian Maria Volonté, è palesemente ispirato ad Aldo Moro. Il film è tratto dall'omonimo romanzo di Leonardo Sciascia.
- Il caso Moro: film di Giuseppe Ferrara, 1986. Il protagonista è nuovamente Gian Maria Volonté.
- L'anno del terrore: film di John Frankenheimer, 1991. Tratto dal romanzo Year of The Gun di Michael Mewshaw; il personaggio dello statista compare brevemente in alcune scene ed è interpretato da Aldo Mengolini.
- Piazza delle Cinque Lune: film di Renzo Martinelli, 2003. Il vero Moro appare in immagini di repertorio. Quello finto è interpretato da un caratterista mai in primo piano. Il film è dedicato all'allora ventisettenne nipote Luca Bonini Moro, che compare sui titoli di coda in veste di cantautore, interpretando il brano Maledetti voi; sullo sfondo del ragazzo (figlio di Maria Fida Moro e spesso affettuosamente citato nelle lettere dello statista durante la prigionia), alcune fotografie di lui a due anni col nonno nei giorni immediatamente precedenti il sequestro.
- Buongiorno, notte: film di Marco Bellocchio, 2003. Moro è interpretato da Roberto Herlitzka.
- Nel cuore dello Stato: film documentario di Alberto Castiglione, scritto con Fabrizio Scibilia, presentato a Palermo il 18 marzo 2008.
- Il divo: film di Paolo Sorrentino, 2008. Lo statista è interpretato da Paolo Graziosi.
- Romanzo di una strage: film di Marco Tullio Giordana, 2012. Lo statista è interpretato da Fabrizio Gifuni.
Musica [modifica]
Io se fossi Dio di Giorgio Gaber (1980):la canzone, della durata di 14 minuti, esprime un giudizio negativo su Aldo Moro. Fu pubblicata dalla F1 Team su disco da 12 pollici inciso solo da un lato, per il rifiuto della Carosello. La canzone era stata scritta nel 1978, dopo l'uccisione di Aldo Moro, ma fu pubblicata due anni dopo perché evidentemente le case discografiche temevano ripercussioni legali.Teatro [modifica]
- L'ira del sole, un 9 di maggio (1998) di Maria Fida Moro e Antonio Maria Di Fresco, regia di Antonio Raffaele Addamo. Con Maria Fida Moro e Luca Bonini Moro. Teatro Biondo Stabile di Palermo.
- Aldo Moro – Una tragedia italiana (2007) di Corrado Augias e Vladimiro Polchi, regia di Giorgio Ferrara. Con Paolo Bonacelli (Aldo Moro) e Lorenzo Amato (il narratore). Teatro Stabile della Sardegna, Teatro Eliseo di Roma.
- Corpo di stato – Il delitto Moro: una generazione divisa (1998) di Marco Baliani, regia di Maria Maglietta. Con Marco Baliani. Casa degli Alfieri – Trickster Teatro.
- "Se ci fosse luce – i misteri del caso Moro" (2007) scritto, diretto e interpretato da Giancarlo Loffarelli. Con Emiliano Campoli, Marina Eianti, Giancarlo Loffarelli, Luigina Ricci, Elisa Ruotolo, Maurizio Tartaglione. Compagnia "Le colonne".
- Roma, Via Caetani, 55º giorno (2008) scritto ed interpretato da Lucilla Falcone – Associazione Culturale "La Buona Creanza".
- ALDO MORTO - Tragedia (2011) di Daniele Timpano, regia di Daniele Timpano. Con Daniele Timpano. amnesiA vivacE, Area 06, Cité internationales des Arts - Résidence d'artistes di Parigi
Televisione [modifica]
- Assolvenza Aldo Moro (Blob Speciale) antologia di filmati ed estratti dagli archivi Rai (servizi tratti dai TG, pubblicità, frammenti di film, programmi vari) risalenti al periodo del rapimento dello statista curata dalla redazione di Blob nel 1998 in occasione del ventennale dei noti avvenimenti. Fu trasmessa su Rai3 dal 9 marzo[29] al 15 maggio per cinque giorni a settimana (lunedì, mercoledì, giovedì, venerdì e sabato)[30]; ogni puntata durava circa una dozzina di minuti e precedeva il Blob più convenzionale.[30]
- Aldo Moro - Il Presidente: fiction televisiva in due puntate, prodotta dalla TaoDue di Piero Valsecchi, diretta da Gianluca Maria Tavarelli e interpretata da Michele Placido, in onda su Canale 5 il 9 ed 11 maggio 2008 in occasione del trentennale dalla morte dello statista.
Note [modifica]
- ^ Sulle vicende di Moro negli anni della FUCI si veda Renato Moro, Aldo Moro negli anni della FUCI, Studium, 2008 e Tiziano Torresi L'altra giovinezza. Gli universitari cattolici dal 1935 al 1940, Cittadella editrice 2010
- ^ Considerata comunemente la "sinistra DC".
- ^ Questa sezione contiene frasi liberamente estratte dalla tesi di laurea di A. Stella avente il sequestro Moro come tema principale (2007). Lo stesso autore e proprietario dei diritti ha provveduto a inserire e pubblicare tali frasi.
- ^ Aniello Coppola, Moro, Feltrinelli, Milano, 1976, pag. 13
- ^ Questa idea di Moro non va confusa con la strategia, enunciata dal segretario del PCI Enrico Berlinguer, del “compromesso storico”, che prevedeva l'entrata al governo del Pci.
- ^ Sandro Fontana: Moro e il sistema politico italiano, in: AA. VV., Cultura e politica nell'esperienza di Aldo Moro, Giuffrè, Milano, 1982, pag. 183
- ^ Mino Martinazzoli, Uno strano democristiano, Rizzoli, 2009, pp. 61-66.
- ^ Atti parlamentari, VII legislatura, Parlamento in seduta comune, Resoconto stenografico della seduta dal 3 all'11 marzo 1977, p. 455
- ^ Sandro Fontana: Moro e il sistema politico italiano, in: AA. VV., Cultura e politica nell'esperienza di Aldo Moro, cit., pag. 184.
- ^ Secondo Beppe Pisanu, nell'intervento dell'8 maggio 2009 alla Sala delle colonne di palazzo Marini in Roma nel corso della presentazione del libro di Corrado Guerzoni Aldo Moro, Moro dissentì dall'entusiasmo di Granelli e degli altri della sua corrente che nel 1977 prevedevano una vittoria della DC spagnola alle prime elezioni post-franchiste, e richiesto del perché (al ritorno dal suo viaggio a Madrid) spiegò a Pisanu: "Lì nessuno dei nostri amici democratici cristiani s'è incaricato di traghettare nella democrazia le masse che per mezzo secolo hanno inneggiato a Franco; non supereranno il 4 per cento dei voti". Manco a dirlo, la previsione, ha concluso Pisanu, risultò precisa al millesimo.
- ^ Sandro Fontana, nel suo citato articolo Moro e il sistema politico italiano, sostenne che tale strutturazione culturale delle masse le induce a cercare “soluzioni di tipo simbolico” che si risolvono spesso in “situazioni drammatiche”.
- ^ Si pensi all'aspetto “romantico” del perseguire un ideale con ogni mezzo.
- ^ Sandro Fontana: Moro e il sistema politico italiano, in: AA. VV., Cultura e politica nell'esperienza di Aldo Moro, cit., pag. 184
- ^ Italo Pietra, Moro fu vera gloria?, Garzanti, Milano, 1983, pp. 111–114
- ^ Vedi «lo strappo con Mosca.
- ^ Marcello Veneziani, "Ma è oggi che trionfa in Italia la formula chiamata moroteismo", ne: Il Messaggero, 16/3/1998
- ^ Robin Erica Wagner-Pacifici, "The Moro Morality Play. Terrorism as Social Drama", The University of Chicago Press, Chicago, 1986, pp. 30–32; Paolo Cucchiarelli – Aldo Giannuli, Lo Stato parallelo, Gamberetti Editrice, Roma, 1997, pag. 422
- ^ Per una curiosa ironia della Storia, il luogo della prigionia del teorico della "centralità del Parlamento" fu una via periferica di Roma, nel quartiere Portuense, intitolata al più famoso dei funzionari parlamentari: Camillo Montalcini che resse la Segreteria generale della Camera dei deputati dal 1900 al 1927, quando fu rimosso dal fascismo alla luce delle risultanze della Commissione di inchiesta sulle presenze massoniche nelle istituzioni parlamentari.
- ^ Erroneamente, forse a enfasi del fatto, venne riportato dalla stampa che il luogo del ritrovamento fosse esattamente a metà strada fra le sedi dei due partiti.
- ^ Le Lettere Dal Patibolo Di Aldo Moro - Critica Sociale
- ^ Massimo Riva, già articolista economico del "Corriere" e poi di "Repubblica". afferma: " Per la sua tragica fine la vicenda di Aldo Moro ha giustamente toccato e commosso la coscienza civile di tutti gli italiani. Però mi chiedo se sia giusto dimenticare che dietro quel personaggio non c'era soltanto un disegno politico, ma esisteva un mondo di affarismo molto spinto"
- ^ (storico circolo dei Romani d'origine molisana)
- ^ Notizia riportata dalla stampa locale come l'Eco di Caserta e da quella nazionale come il settimanale L'Espresso
- ^ Notizia pubblicata dalla Gazzetta del Mezzogiorno il 24 settembre del 2012
- ^ da la Repubblica.it del 9 agosto 2008: "Aldo Moro e quella mano tesa verso la Libia di Gheddafi"
- ^ da la Repubblica.it: "Gli archivi segreti di Moro"
- ^ Aldo Moro, le carte segrete "Presidente, dica no al divorzio" - Politica - Repubblica.it
- ^ Le carte di Aldo Moro - Galleria - Repubblica.it
- ^ sito "Archivio Storico Corriere della Sera" [1]
- ^ a b sito "Archivio La Repubblica" [2]
Voci correlate [modifica]
- Governo Moro I
- Governo Moro II
- Governo Moro III
- Governo Moro IV
- Governo Moro V
- Cronaca del sequestro Moro
- Caso Moro
- Sereno Freato
Altri progetti [modifica]
Collegamenti esterni [modifica]
- Accademia Aldo Moro
- Archivio900, Gli ultimi discorsi di Aldo Moro in Parlamento
- Il Memoriale Moro
- Caso Moro dalla A alla Z
- Gli scritti di Aldo Moro dal carcere brigatista
- Sito della Commissione parlamentare d'inchiesta sul terrorismo
- Il caso Moro, La Storia Siamo Noi, filmati e documenti
- Tre milizie, tre fedeltà: storia della Democrazia Cristiana La storia siamo noi – Rai Educational.
- Moro, mio padre Intervista a Giovanni Moro di Giovanni Minoli.
- "REBUS Speciale: Aldo Moro, il complotto?" Trasmissione speciale di Odeon, curata e condotta da Maurizio Decollanz, dedicata alle teorie complottiste sul rapimento Moro.
- Barbara Fois: il caso Moro parte I
- Barbara Fois: il caso Moro parte II
- B. Fois: il caso Moro parte III
- Tutti gli interventi di Moro nell'assemblea costituente e commissioni del 1946-1947
- Il caos Moro
- Il sito dello scrittore Giovanni Maddamma, scrissi Aldo Moro - Omicidio Misterioso e Brigate Rosse, è giunta l'ora della verità
- Raccolta di discorsi di Aldo Moro nel sito web dell'Istituto Renato Branzi di Firenze
Predecessore | Ministro di Grazia e Giustizia della Repubblica Italiana | Successore | |
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Michele De Pietro | 6 luglio 1955 - 19 maggio 1957 | Guido Gonella |
Predecessore | Ministro della Pubblica Istruzione della Repubblica Italiana | Successore | |
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Paolo Rossi | 19 maggio 1957 - 15 febbraio 1959 | Giuseppe Medici |
[mostra] Segretari della DC - Cronologia | |
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Alcide De Gasperi (1944-1946) · Attilio Piccioni (1946-1949) · Giuseppe Cappi (1949-1949) · Paolo Emilio Taviani (1949-1950) · Guido Gonella (1950-1953) · Alcide De Gasperi (1953-1954) · Amintore Fanfani (1954-1959) · Aldo Moro (1959-1964) · Mariano Rumor (1964-1969) · Flaminio Piccoli (1969-1969) · Arnaldo Forlani (1969-1973) · Amintore Fanfani (1973-1975) · Benigno Zaccagnini (1975-1980) · Flaminio Piccoli (1980-1982) · Ciriaco De Mita (1982-1989) · Arnaldo Forlani (1989-1992) · Mino Martinazzoli (1992-1994) |
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