I giudici Falcone e Borsellino | |
L'Istituto Tecnico Statale è intitolato a due grandi giudici, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, che unitamente ad altri pubblici ufficiali, hanno pagato con la propria vita l'impegno a sconfiggere la criminalità organizzata in Sicilia.
La storia
Nel maggio degli anni ottanta il consigliere istruttore Rocco Chinnici a Palermo, affida a Giovanni Falcone le indagini contro Rosario Spatola, da cui emergono, grazie a un lavoro diligente e capillare di ricostruzione dei fatti, legami tra la malavita siciliana e quella statunitense. Le indagini svelarono al giudice un pericoloso intreccio di affari che ruotava intorno a patrimoni e banche di appoggio alla criminalità. È a questo punto che Falcone si rende conto della struttura verticistica di cosa nostra, come veniva chimata la mafia dai suoi adepti, e della necessita di ricostruire la rete delle sue connessioni in modo da poterla sconfiggere. Il fallimento dello Stato nella lotta allla criminalità, secondo Falcone, derivava proprio da questa mancata visione organica delle strutture malavitose e dall'averle sottovalutate o ignorate nel corso degli anni. Ne luglio del 93 Chinnici viene assassinato insieme alla sua scorta e al suo posto subentra Antonio Caponneto, il quale deciso a continuare il lavoro già svolto e a contrastare con forza gli atti delittuosi di cosa nostra, istituisce un gruppo di lavoro chiamato pool antimafia. Fanno parte del pool, oltre ai giudici Falcone, Di Lello e Gurnotta anche Paolo Borsellino, che aveva condotto l'inchiesta negli anni ottanta sull'omicidio del capitano dei carabinieri Emanuele Basile. L'azione del pool infligge duri colpi a cosa nostra la cui struttura per la prima volta, dopo anni di ingiuste assoluzioni e impunità, viene incrinata anche grazie alle rivelazioni di illustri pentiti come Tommaso Buscetta. La reazione della mafia allo Stato fu una serie di omicidi illustri tra i quali risultano anche Giuseppe Mentana e Ninni Cassarà nel 1985, stretti collaboratori di Falcone e Borsellino. È a questo punto che i due giudici cominciano a temere per la propria incolumità e sono costretti a condurre una vita segregata e sotto la protezione di una scorta addestrata. I frutti del lavoro del pool, che continua nonostante ciò a lavorare duramente, non tardano a venire: nel dicembre del 1987 si giunge, dopo ventidue mesi di udienze, alla sentenza di condanna di 475 imputati di cosa nostra nel maxiprocesso della Corte di Assise di Palermo.
Falcone e Borsellino continuano negli anni successivi a lavorare incessantemente, conducendo indagini che porteranno all'arresto di tanti altri pregiudicati, e svelando in modo sempre più chiaro l'organizzazione piramidale di cosa nostra. Purtroppo bisogna aggiungere che lo Stato non è stato in seguito abbastanza lungimirante nell'abbracciare le proposte di Falcone sulle modalità di lotta alla mafia da contrastare, secondo quest'ultimo, con una razionale collaborazione sinergica tra i vari apparati degli organi di giustizia e di polizia. Il lavoro inteso e proficuo svolto a Palermo negli anni precedenti venne a poco a poco frantumato da una politica poco accorta e responsabile che ha inseguito metodologie di lotta ferraginosi e a volte poco chiari.
Il 23 maggio del 1992 Falcone insieme alla moglie Francesca Morvilio e agli agenti di scorta Rocco Di Cillo, Vito Schifani e Antonio Montinaro vengono assassinati da una forte esplosione di tritolo presso lo svincolo autostradale di Capaci, mentre si dirigevano a Palermo. Dopo appena due mesi, il 19 luglio, venne ucciso da un'autobomba Paolo Borsellino sotto la sua casa in via D'Amelio. Insieme a lui morirono tutti gli agenti della scorta. Borsellino, che dopo la morte di Falcone, sentiva prossima la sua esecuzione di morte da parte della mafia, ebbe a dire "se muoio adesso il mio compito l'ho svolto". Significativa è la frase di Borsellino che delega alle istituzioni scolastiche lo sgretolamento della cultura mafiosa: "purtroppo i giudici possono agire solo in parte nella lotta alla mafia. Se la mafia è un'istituzione antistato che attira consensi perchè ritenuta più efficiente dello stato, è compito della scuola rovesciare questo processo perverso, formando giovani alla cultura dello stato e delle istituzioni".
Terminiamo questa brevissima biografia di due così illustri servitori dello Stato citando una frase di J. F. Kennedy che Falcone amava spesso riferire: "Un uomo fa quello che è suo dovere fare, quali che siano le conseguenze personali, quali che siano gli ostacoli, i pericoli o le pressioni. Questa è la base di tutta la moralità umana." (J. F. Kennedy).
Gli studenti
|
domenica 28 ottobre 2012
FALCONE E BORSELLINO, DUE EROI IMMORTALI
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento