giovedì 8 novembre 2012

CONTRATTI A TERMINE , NUOVA NORMATIVA


Contratti a termine, saranno le parti
a decidere sulla durata dello stop

Il ministro Elsa Fornero

La norma di legge imponeva
un intervallo fino a 90 giorni
ROBERTO GIOVANNINI
ROMA
Non ci sarà un periodo obbligatorio di «fermata» per i lavoratori che transitano da un contratto a tempo determinato a un altro; sindacati e imprese, all’interno dei contratti collettivi di lavoro, potranno stabilire a loro piacimento comparto per comparto la durata dello «stop» tra un contratto e l’altro. Con una circolare del ministero del Lavoro diffusa ieri, il ministro Elsa Fornero ha così di fatto «rettificato» con una interpretazione autentica la norma contenuta nella riforma del mercato del lavoro, che stabiliva invece un obbligo di interruzione del rapporto di lavoro di almeno 60 giorni, che potevano diventare addirittura 90 se il primo contratto a tempo determinato fosse stato stipulato con una durata superiore ai sei mesi. 

La circolare di rettifica arriva dopo molte richieste formulate dalle associazioni degli imprenditori, che avevano fatto notare come la necessità di uno stop di due o tre mesi potesse di fatto preludere al non rinnovo dei contratti a termine arrivati a scadenza. Una minaccia neanche troppo velata, che aveva gettato nel panico i circa 400mila lavoratori (il 40% nel settore pubblico) che avevano un contratto in scadenza entro la fine del 2012. Secondo i dati Isfol, tra gli occupati a termine vi è una larga prevalenza di giovani: oltre il 50% ha meno di 35 anni contro il 24% dei permanenti. Da notare anche che in media un lavoratore a tempo determinato prende uno stipendio mensile inferiore del 28% a quello di un lavoratore a tempo indeterminato. 

A suo tempo, al momento di varare la riforma, governo e Parlamento avevano voluto espressamente rendere più rigido il ricorso a questo strumento di assunzione. Imponendo la pausa proprio per disincentivare la ripetizione continua (all’interno di un arco massimo consentito di 36 mesi, limite imposto da normative comunitarie) di assunzioni a termine per dei lavoratori che di fatto servono in modo stabile e continuativo. In più, si voleva favorire il ricorso alle assunzioni stabili o ai contratti di apprendistato. Adesso, dopo la correzione voluta dal ministro, per le imprese le assunzioni a termine tornano molto più «flessibili»: il contratto si potrà rinnovare allo steso lavoratore anche dopo una pausa di uno o due giorni. È sufficiente che questo sia indicato esplicitamente nei contratti collettivi nazionali, ma allo stesso scopo basteranno anche i contratti aziendali o territoriali. 

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