Ilva, si avvicina il rischio di chiusura
2 mila operai in cassa integrazione
L’Ilva di Taranto
Il 19 novembre chiudono i reparti a freddo. Ufficialmente si parla di “crisi del mercato”, ma i sindacati non ci credono: “Apriamo subito
la trattativa sul risanamento
degli impianti”
la trattativa sul risanamento
degli impianti”
guido ruotolo
taranto
Fino alle cinque del pomeriggio non era arrivata nessuna “pratica” dall’Ilva di Taranto. Scadono oggi i termini della presentazione al ministero dell’Ambiente del piano attuativo dell’Aia, l’Autorizzazione integrata ambientale. Ma nello stesso tempo, l’azienda ha annunciato che a partire dal 19 novembre 2.000 dei quasi 12.000 dipendenti dello stabilimento di Taranto andranno in cassa integrazione per sopraggiunta crisi di mercato del prodotto laminati e tubi. I tre sindacati di categoria hanno annunciato all’azienda la loro indisponibilità a discutere il piano di cassa integrazione che riguarda l’area a freddo dello stabilimento fino a quando non si aprirà il tavolo negoziale sulle prospettive dell’Ilva e sul risanamento dello stabilimento.
Se l’Ilva non dovesse presentare il piano attuativo dell’Aia entro stasera, lo scenario che si aprirà potrebbe rivelarsi drammatico perchè il ministro dell’Ambiente Clini sarebbe costretto a convocare gli enti locali per l’inizio della prossima settimana - forse martedì - e annunciare che «l’Aia non è attivabile». Senza autorizzazione e senza voler collaborare con i custodi giudiziari nominati dal gip Todisco, l’Ilva potrebbe essere costretta a chiudere.
La procedura, legata al fermo degli impianti disposto dalla magistratura e aggravata dopo l’incidente mortale dei giorni scorsi di un operaio del settore movimento ferroviario (reparto in sciopero dal 30 ottobre), riguarderà gli addetti ai tuibifici 1 e 2, al laminatoio, al reparto nastri, e poi officine e servizi. Prima dell’incontro i sindacati avevano detto di aspettarsi una richiesta di “ferie forzate” da parte del vertice aziendale a seguito dello sciopero a oltranza in corso al Movimento ferroviario.
“Il Mof - spiegano infatti i sindacati - è una postazione alla quale lavorano poche decine di persone ma di grande rilievo perchè da qui dipendono tutti i collegamenti ferroviari interni nel siderurgico. Bloccando il Mof, si blocca il ciclo produttivo».
Se l’Ilva non dovesse presentare il piano attuativo dell’Aia entro stasera, lo scenario che si aprirà potrebbe rivelarsi drammatico perchè il ministro dell’Ambiente Clini sarebbe costretto a convocare gli enti locali per l’inizio della prossima settimana - forse martedì - e annunciare che «l’Aia non è attivabile». Senza autorizzazione e senza voler collaborare con i custodi giudiziari nominati dal gip Todisco, l’Ilva potrebbe essere costretta a chiudere.
La procedura, legata al fermo degli impianti disposto dalla magistratura e aggravata dopo l’incidente mortale dei giorni scorsi di un operaio del settore movimento ferroviario (reparto in sciopero dal 30 ottobre), riguarderà gli addetti ai tuibifici 1 e 2, al laminatoio, al reparto nastri, e poi officine e servizi. Prima dell’incontro i sindacati avevano detto di aspettarsi una richiesta di “ferie forzate” da parte del vertice aziendale a seguito dello sciopero a oltranza in corso al Movimento ferroviario.
“Il Mof - spiegano infatti i sindacati - è una postazione alla quale lavorano poche decine di persone ma di grande rilievo perchè da qui dipendono tutti i collegamenti ferroviari interni nel siderurgico. Bloccando il Mof, si blocca il ciclo produttivo».
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